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IL CULTO DEL SS. CROCEFISSO A MARCIANISE

Pubblico il capitolo quarto del mio volume Salvatore Delli Paoli, Il Duomo di Marcianise, Napoli 1982, pp. 69-83, interamente dedicato alla storia del Crocefisso di Marcianise.

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Un posto a parte nella storia del duomo di Marcianise merita il culto particolare e tenace in onore del Santissimo Crocefisso, che ha origini ab­bastanza antiche, come è testimoniato, tra l'altro, dall'esistenza nel tem­pio, prima della ristrutturazione ottocentesca, di una serie piuttosto consistente di altari dedicati al Crocefisso con quadri o sculture raffi­guranti appunto la crocifissione o momenti ed episodi legati a questo fondamentale mistero della fede, così come si è potuto notare nella de­scrizione fattane nelle pagine precedenti. (138)
Ma a partire dai primi anni del '700 questa devozione trovò il suo centro di culto e di pratica con la erezione dell'altare, prima, e della cappella, poi, del Crocefisso adornati dalla superba statua raffigurante il Cristo crocifisso che tuttora si può ammirare e che venne ritenuta subi­to come prodigiosa, per i numerosi miracoli ad essa attribuiti.
Si tratta di una serie abbastanza cospicua di interventi miracolosi che la fede popolare attribuì con sicura certezza all'opera divina e, in particolare, al Crocefisso, la cui stupenda statua, imponente nella sua superba bellezza, attrasse l'ammirazione e la venerazione dei fedeli che in ripetute occasioni pregarono ai piedi di quella immagine per i loro bisogni spirituali e (più spesso) materiali, chiedendo o la pioggia per i campi nel corso dei frequenti periodi di siccità, o la preservazione dai rischi di eventi naturali, come terremoti o epidemie.
Non è nostro compito, in questa sede, discutere di questi prodigi ed interventi ritenuti miracolosi, a noi qui spetta solamente di tradurre in parole il senso di una fede radicata nell'animo popolare ed alimentata, nel corso del tempo, da pratiche ed atteggiamenti estrinsecatisi in una devozione non comune e tenacissima, al punto tale che il culto del Crocefisso, fin dalla metà del XVIII secolo, divenne dominante rispetto a quello di San Michele Arcangelo, patrono della città. Lo studio di questa devozione è stato già affrontato nel passato dal prof. Gaetano Andrisani che ad essa ha dedicato un opuscolo nel quale la ricostruzione storica della devozione si sposa ad un singolare amore per Marcianise e per le sue tradizioni (139), a noi non resta che dire della cappella eretta all'in­terno della chiesa e spaziare brevemente, quando ci sarà concesso, sulla storia della festa cittadina connessa a questo culto particolare che tutto­ra accentra l'interesse e la partecipazione dei marcianisani nel tradizio­nale appuntamento di settembre.
Ai primi del '700 il Capitolo della Collegiata di San Michele Arcan­gelo di Marcianise decise l'acquisto di una statua del Crocefisso per adornare l'altare delle Piaghe (il terzo della navata di sinistra) al duplice scopo di rafforzare la devozione per il mistero della crocifissione di Cri­sto e per accrescere le dotazioni artistiche del duomo che proprio in quegli anni (come si è notato in precedenza) assumeva una dignitosa ve­ste decorativa e potenziava il suo patrimonio figurativo. Il primicerio era don Giacomo Gaglione, il quale personalmente, insieme ad altri ca­nonici si recò a Napoli nella chiesa del Conservatorio dei fanciulli pove­ri, presso cui insegnava lo scultore Giacomo Colombo, autore di un maestoso Crocefisso in legno custodito nella chiesa stessa. (140)
Fu quello il Crocefisso che il primicerio Gaglione acquistò per il duomo di Marcianise. La statua venne benedetta nella stessa chiesa del Conservatorio dei Poveri in Napoli il 22 maggio 1706 dal canonico della Cattedrale di Napoli don Saverio Cuomo, alla presenza del primicerio Gaglione.
L'atto di benedizione è tuttora conservato nell'Archivio Capitolare del duomo di Marcianise: da esso si desume tra l'altro che il nome di battesimo del Colombo era appunto Giacomo, e non Nicola, come indi­cato dall'Andrisani. (141)
La statua, trasportata a Marcianise, fu collocata, come già si è det­to, sull'altare detto delle Piaghe, da tempo preesistente, come testimoniano i legati per messe che rimontano alla metà del '600, ed immedia­tamente dopo dovè prendere piede la particolare devozione verso il Crocefisso, rafforzata ben presto dalla fede in interventi reputati subito come prodigiosi, tanto che si sentì impellente il bisogno di dare più de­gna sistemazione alla statua stessa e al luogo che l'ospitava, mediante abbellimenti di varia natura della zona ov'era sistemato l'altare delle Piaghe. Nel 1779, infatti, venne decisa la costruzione in marmo dell'al­tare, finanziata con i fondi donati spontaneamente dai marcianisani in segno di riconoscenza per l'intervento miracoloso del Crocefisso nella primavera di quello stesso anno in occasione di una terribile siccità.
Su questo episodio siamo abbastanza bene documentati, perchè esso è stato trascritto nella Platea capitolare, stesa, ricordiamo, nel 1781, cioè ad appena due anni dal fatto. Qui è detto infatti che:
«Nell'anno 1779 nel mese di aprile, dopo molte pubbliche penitenze fatte per placare lo sdegno di Dio che da sette mesi ci aveva privati di pioggia, ed il grano nella campagna aveva le radici fuori di terra per li continovi venti e lo stelo era così sottile come quello del fieno, aperta detta nicchia e dopo molte e varie preghiere e riclami del popolo di Marcianise, e paesi vicini, il Crocefisso fu portato processionalmente per tutte le strade ed il dì seguente furono esauditi di acqua salutare tale che in quell'anno la raccolta fu doppia, poichè ogni moggio fruttò da venti sino a trenta: cosa inaudita da secoli».(143)
Questo episodio raffermò ulteriormente la fede dei marcianisani nei confronti dell'immagine, ritenuta prodigiosa, sicchè il popolo di Marcia­nise offrì spontaneamente prodotti della terra e denaro per una festa che venne celebrata il 16 giugno del 1799 con larga partecipazione di folla; parte del denaro così raccolto venne inoltre utilizzato per la ristruttura­zione e l'arricchimento decorativo dell'altare delle Piaghe, ormai comu­nemente definito del Crocefisso.
Fu in questa occasione che venne eretta la primitiva cappella e co­struito il nuovo altare in marmo.
A questo proposito c'è da dire che nei Registri delle Conclusioni Capitolari c'è ricordo di queste opere nelle deliberazioni del 27 agosto 1779 e del 27 ottobre 1780, con le quali venne approvato dal Capitolo il conto delle spese occorse per la già ricordata festa del 16 giugno 1779, ammontante a «docati trentatre e carlini quattro»; mentre i re­stanti «docati cinquantadue e grana sessantasei» (del totale di ottantasei ducati raccolti come offerta spontanea del popolo di Marcianise) vennero utilizzati per pagare le spese della costruzione della cappella e dell'alta­re di marmo.(144)
Questi lavori di ristrutturazione della zona erano comunque con­clusi nel 1781, data di stesura della platea, che ricorda la sistemazione della cappella descritta con queste parole:
«Dopo il Coro d'inverno vi è un arco del quale si appoggia una cupola; sotto vi è il terzo altare detto delle Piaghe, oggi del Crocefisso, di marmo lavorato con vari colori con due gra­dini ed un Tabernacolo anche di marmo foderato di rame in­dorato, quale altare così fornito costò circa dotati ducento (145); denaro raccolto dalla questua del grano, canape e altro nell'anno 1779. . . .
Sopra detto altare vi è una nicchia con Crocefisso, opera del famoso Colombo con una statua della Vergine Addolorata a destra e la statua di San Francesco Saverio a sinistra, con porta avanti di grossi cristalli con una cimasa da dove scende un panno di armisino per coprire detta nicchia; sopra detta cima­sa vi è un quadretto coll'immagine di San Carlo. Avanti a detto altare, e proprio sotto l'arco della navata maggiore vi è un ferro lavorato che sostiene cinque lampade». (146)
Il culto verso il Santissimo Crocefisso trovò poi ulteriori motivi di confer­ma in numerosi eventi e momenti particolari della vita cittadina che spinsero i marcianisani a rivolgersi alla miracolosa immagine fatta og­getto di una devozione particolarmente intensa.
Questa storia, per chi la guarda con occhi non passionali, non è sicuramente dissimile da tante altre vicende di uguale contenuto che coin­volgono i paesi del sud ove il «prodigioso» si spiega anche come unica forma di «difesa» nei confronti di eventi imprevedibili che sfuggono al dominio dell'umano, come nel caso appunto di siccità, carestie, terremo­ti, epidemie: ed è sicuramente questa la spiegazione antropologica più propria che dà ragione anche del fenomeno che abbiamo dinanzi; ma questo, però, non inficia, a nostro giudizio, il senso più profondo di quella stessa storia che è animata da, tale fede e crea una «cultura» su cui sarebbe certamente azzardato esprimere un giudizio di valore, sicu­ramente arbitrario avanzarne uno negativo: allo storico, infatti, non re­sta che registrare tali vicende per connetterle alle motivazioni profonde che le hanno consentite e che sono, nel nostro caso, quelle di una diffu­sa mentalità di fede che, se può spingere talvolta a forme di superstizio­ne, testimonia, comunque, il radicarsi nell'anima popolare di una lezio­ne e di una mentalità che non può essere disconosciuta, per quanto pos­sa apparire in qualche modo ingenua.
Dunque intorno al Crocefisso i marcianisani si raccolsero ancora più volte: nel luglio del 1805 in occasione di alcune scosse di terremoto; nel 1823 per implorare di nuovo la pioggia dopo mesi di siccità; nel 1837 in occasione dell'epidemia di peste; nel 1884 per la liberazione dal colera; nel 1906 per l'eruzione del Vesuvio. (147)
Momenti numerosi, come si vede, che testimoniano tutti la conti­nuità di un unico, tenace rapporto di fede.
Tra questi momenti, un posto di particolare rilievo è da assegnare alla epidemia del 1837 e all'impetrato intervento del Crocefisso che spinse i marcianisani ad istituire una festa annuale a ricordo del fatto. Fu l'Amministrazione comunale a prendere in quella occasione l'inizia­tiva di fissare al 25 luglio la data della annuale festività, che venne rati­ficata dalle Autorità laiche e religiose. Queste ultime, sollecitate anche grazie all'intervento del Capitolo del duomo, stabilirono appunto il 25 luglio come festa di precetto. L'assenso del Capitolo venne concesso con deliberazione datata 17 novembre 1837. (148)
A questa data, dunque, bisogna ascrivere l'inizio della tradizionale festa del Crocefisso che tuttora si organizza a Marcianise, sia pure non a luglio, ma a settembre.
Per quanto riguarda tale spostamento di data, comunque da con­nettere alla festa dell'Esaltazione della Croce che cade appunto il 14 settembre, c'è da dire che esso dovette intervenire abbastanza presto: già venti anni dopo l'istituzione degli annuali festeggiamenti troviamo che essi avevano luogo in settembre. In una nota «ad futuram rei memo­riam», infatti, trascritta nel Libro delle Conclusioni Capitolari del 1857 trovo che «il Capitolo rientrò nella sua Sacrestia il giorno 13 settembre 1857, giorno della festività del Santissimo Crocefisso». (149)
Il rientro cui qui si allude riguarda la presa di possesso dei locali della sacrestia del duomo dopo gli importanti lavori di restauro e ri­strutturazione terminati, appunto nel 1857, di cui si dirà in seguito.
Dal 1857 si può dunque pensare che trae origine l'uso della pratica della festa del Crocefisso a settembre, uso quest'ultimo evidentemente imposto dal fatto che il periodo di inizio settembre meglio consentiva la partecipazione popolare altrimenti impedita dal fatto che a fine luglio i molteplici lavori agricoli (e soprattutto quelli relativi alla faticosa colti­vazione della canapa, da secoli in uso a Marcianise) occupavano presso­chè ininterrottamente per l'intera giornata la quasi totalità dei marcia­nisani la cui attività prevalente era appunto quella agricola.
Peraltro il ricordo del 25 luglio non è scomparso: ed è infatti in questo giorno che viene fissata ufficialmente la data della festa di set­tembre, con la caratteristica cerimonia dell'alzata della «bandiera» in piazza Umberto I nei pressi della casa comunale.
Ancora in questi anni le cronache ricordano alcuni restauri operati alla cappella del Crocefisso che peraltro modificarono di poco il suo as­setto già definito nel 1781. Un documento del 1846 ci informa degli ar­redi della cappella (150) ed un altro del 1858 ci fa conoscere la delibe­razione del Capitolo per l'acquisto di una lesena rossa sempre per la detta cappella. (151) Questi lavori furono- probabilmente deliberati a seguito dei danni subiti dalla chiesa (ed anche dalla cappella del Crocefisso) per il terre­moto del 17 dicembre 1857 che, ancora una volta, vide i marcianisani correre ai piedi del Crocefisso per implorare il suo soccorso.
Il canonico Nicola De Paulis, in quell'anno segretario del Capitolo, aggiunse nel Libro delle Deliberazioni di quell'anno una nota a ricordo dell'episodio:
«Ad futuram rei memoriam. Nella notte che precede il dì 17 dicembre 1857 alle ore cinque italiane precise vi fu scossa di tremuoto, e dopo cinque minuti vi fu replica. La scossa consi­stette in 6 ondulazioni da oriente ad occidente, la replica nel­lo stesso senso fu di 8 ondulazioni.
Li fabricati in generale e senza eccezione non patirono danni. La nostra chiesa di San Michele nella navata della Madonna (152) ebbe qualche fessura, riaprendosi le antiche, effetto del tremuoto del 26 luglio 1805.
Li canonici recitarono la litania di tutti i Santi nell'Ufficio dopo Lourdes e cantarono una messa votiva al Santissimo Crocefisso con gran concorso di popolo che all'elevazione dell'Ostia proruppe in clamoroso pianto. Il Signore Dio ci fece la grazia di liberarci da ulteriori repliche». (153)
Questi fatti miracolosi, quindi, o ritenuti tali, animarono ulterior­mente la volontà popolare nel raccogliersi annualmente ai piedi della statua per una festa cittadina che, fin dai primi tempi, assunse i caratte­ri di un appuntamento di fede, coinvolgente l'intera popolazione di Mar­cianise e dei centri vicini.
Questa tradizione è attualmente ancora ininterrotta, per quanto ab­bia perduto molto dell'intensità religiosa iniziale, anche perchè, man mano che si andava avanti con gli anni, su quell'originario ceppo reli­gioso e devozionale si sono innestati elementi, in qualche maniera, estranei, di natura spettacolare, o addirittura, politica che, in qualche occasione, hanno dato luogo a degli episodi rimasti nella storia di questa festività come dati, se non negativi, sicuramente non edificanti: in questa sede ne ricorderemo qualcuno.
La gestione, per così dire, della festa del Santissimo Crocefisso (fin dal suo sorgere) venne tenuta in mano del Capitolo del duomo di Marcianise, il quale annualmente nominava una commissione composta di tre canonici e due laici cui era affidato il compito operativo della organizzazione dei festeggiamenti.
Così si era sempre fatto, così si fece anche nel 1920, anno in cui iniziò una singolare polemica tra il sindaco di Marcianise dell'epoca, Sa­verio Merola, e il Capitolo stesso in merito alla gestione della festa di quell'anno e continuata nei due anni successivi.
Nel Luglio, infatti, del 1920 il sindaco Merola nominò una com­missione laica per la festa del settembre di quell'anno che operò in for­ma antagonista con quella già nominata nel gennaio del 1920 dal Capi­tolo. (154)
Nel 1921 la questione, sempre con gli stessi protagonisti, ebbe a ripetersi ma con maggiore astio e durezza di rapporti. Iniziò il Merola che nel luglio del 1921 ebbe la sfrontatezza di nominare lo stesso pri­micerio del Capitolo don Giuseppe Scialla addirittura membro della commissione municipale della festa, facendo finta di non conoscere la evidente natura religiosa. (155)
Il fatto è che la polemica di cui ci stiamo occupando nascondeva evidenti risvolti politici e in senso politico era intesa dal Merola, espo­nente socialista di punta della città e della intera provincia di Terra di Lavoro, che in tale questione manifestava il suo chiaro indirizzo anti­clericale, nello stesso tempo in cui, con una visione tutta laica delle cose, rivendicava all'autorità amministrativa la gestione di una manife­stazione pubblica da utilizzare anche per fini elettorali.
Dall'altra parte il Capitolo, che naturalmente tendeva a conservare e riaffermare la sua funzione di guida, rivendicata anche in relazione alla natura religiosa della festività. Per cui alle pretese del sindaco Merola il Capitolo rispose con una risentita lettera sottoscritta dal primicerio Scialla riaffermante le sue prerogative sulla base di ragioni sto­riche, confermate anche da motivazioni giuridiche.
Questo il testo della lettera:
Marcianise 12 luglio 1921
Ill.mo Sig. Sindaco Saverio Merola
Marcianise
In riscontro alla partecipazione del 3 corrente mese della S. E sul­la mia nomina a componente della commissione per la Festa del Santissimo Crocefisso, nel renderle le più sentite espressioni di grazie, debbo rilevare la inopportunità del menzionato provvedimento preso dal Consiglio Co­munale.
A tale riguardo stimo conveniente ricordare alla S. V. Ill.ma che Dottrina e Giurisprudenza hanno ormai, con uniformità costante, ferma­to il principio che p. el vigente Diritto Pubblico del Regno le rappresen­tanze degli Enti civili, in ispecie di quelli autarchici territoriali, non hanno attribuzioni di natura ecclesiastica e, quindi, non possono inge­rirsi in tutto quanto si riferisce a feste religiose, le quali sono di esclusi­va competenza dell'autorità ecclesiastica.
A confronto di tale principio la S. V. Ill.ma mi consentirà la cita­zione di due importanti decisioni e cioè quelle del 27 febbraio 1906 del Consiglio di stato, Sezioni unite, ed un'altra recentissima della Corte di Appello di Napoli tra il parroco di Sabella ed il Sindaco di Pescola­mazza (Benevento).
Pertanto la prenotata S. V. argomenterà di leggieri, come col suo provvedimento il Consiglio Comunale ha invaso il campo riservato esclusivamente all'autorità ecclesiastica locale; la quale nel rivendicare a sè il diritto di iniziativa per le feste del Santissimo Crocefisso, dichiara che sarà onorata, a suo tempo, del concorso che vorranno dare le autorità cittadine, per la maggiore solennità dei festeggiamenti.
Con ossequi
L'Arciprete fto Giuseppe Scialla». (156)
Sembra, a chi la guardi con una certa superficialità una questione alla «Peppone e don Camillo» e per certi aspetti tipicamenti paesani che la caratterizzarono certamente lo fu; ma in ogni caso essa nascondeva (come nasconde anche oggi) un problema di legittimità su di una inizia­tiva nata come manifestazione di fede, ma che, per essere goduta dal popolo, e in quanto si inseriva come momento di partecipazione cittadi­na, coinvolgeva indubbiamente anche l'autorità civile.
In questa occasione i rapporti divennero inoltre particolarmente tesi anche per la figura del primo cittadino Saverio Merola, che agli oc­chi dei canonici doveva apparire poco meno di un mangiapreti.
Comunque dopo una ulteriore lettera del Merola in risposta a quella del primicerio Scialla, in cui il sindaco riconosceva la preminenza del Capitolo sulla parte, per così dire, religiosa della manifestazione, (157) si giunse ad un'intesa fissata nei seguenti punti:
«1) che la commissione borghese paghi tutte le spese necessarie per l'e­splicamento di tutte quelle funzioni religiose che hanno stretta atti­nenza con la festa del Santissimo Crocefisso e concorrono alla maggiore riu­scita di essa;
2) che la commissione borghese non deve avere alcuna ingerenza in ge­nerale in tutte le funzioni religiose di Chiesa;
3) che la musica in chiesa sia liturgica e venga eseguita dalla tribuna già esistente in chiesa;
4) che la commissione borghese riconosca il diritto che hanno i Sacer­doti di interessarsi del Novenario, della celebrazione delle Messe let­te, nonchè della Messa solenne nel giorno della festa, del predicatore da invitare e dell'addobbo in chiesa;
5) che le offerte raccolte in chiesa restino alla chiesa;
6) che la commissione borghese versi nelle mani del Capitolo lire sei­cento per la funzione delle tre Ore d'Agonia di N. S. G. C. e lire otto­cento per consumo di luce elettrica durante l'anno nella cappella del Santissimo Crocefisso». (158)
Questo concordato, lo diciamo subito, non venne rispettato, pur essendo stato sottoscritto da entrambe le parti in polemica, tanto che la controversia riprese con più acredine l'anno successivo, il 1922, quando, nel maggio di quell'anno appunto, fu il Capitolo a porre le mani avanti con un duro esposto inviato al prefetto di Caserta, che era anche una «summa» di lamentazioni contro il Merola accusato di aver fatto degene­rare la festività dell'anno precedente «in chiassose e dispendiose lumina­rie, gare pirotecniche e altri spettacoli», snaturandone così il più profon­do significato religioso e devozionale; di aver dilapidato la gran massa di denaro raccolto, anche con forme di imposizioni tributarie straordinarie: si trattava di «lire 80.000 che l'Amministrazione comunale raccolse nel­la cittadinanza col mezzo coattivo e vessatorio di transitori balzelli sui generi di prima necessità».
Pertanto il Capitolo notificava al prefetto la nomina di una propria commissione, nello stesso tempo in cui chiedeva l'autorizzazione della raccolta del denaro per le strade cittadine. (159)
Questo documento, molto aspro nella forma e nella sostanza, con­cretizza sicuramente il momento di maggior tensione tra il Capitolo e il sindaco che si scontrano in un braccio di ferro che sembrava non am­mettere, almeno inizialmente, forme di composizione tra le parti, al punto tale che il Capitolo stesso, sempre nell'esposto predetto, si rivol­geva alla massima autorità provinciale per chiedere un diretto interven­to del prefetto contro quelli che erano ritenuti come dei soprusi del sin­daco, animati, secondo il giudizio di quegli uomini di chiesa, da un fero­ce anticlericalismo dell'esponente socialista, cui si imputava, senza falsi termini, di voler mondanizzare una festività religiosa.
E nel loro modo di vedere le cose i canonici trovavano conferma al loro giudizio in quanto accaduto nel corso della festa dell'anno prece­dente, quando, a loro dire il Capitolo era stato del tutto esautorato dalla gestione della stessa, mentre gli accordi, pur sottoscritti, non erano stati affatti rispettati e le proteste dei canonici avevano costituito addirittura motivo di derisione e di scherno.
Si lamentavano i Canonici che il Merola «si permise di fare il taglio di ben mille lire sulle spese della chiesa, adducendo il futile pretesto che i Canonici erano obbligati a servire la Chiesa gratis»; che non era stata mantenuta la «promessa della percentuale su tutto l'incasso in confor­mità al decreto della Curia da spendersi per la fabbrica della Chie­sa». (160)
Perciò deliberarono che «niun accordo può esservi tra il Sindaco e i signori Canonici: siccome niun accordo può esservi tra Cristo e il Diavo­lo». (161)
Ma il «diavolo» non se ne diede per inteso ed andò avanti per la sua strada, nominando la «sua» commissione per i festeggiamenti che prov­vide tra l'altro anche alla stesura del programma in maniera del tutto autonoma, inviandone al Capitolo una copia per la necessaria approva­zione ecclesiastica dell'Ordinario diocesano.
I canonici, ovviamente, si guardarono bene dall'aderire a tale ri­chiesta e in data 5 settembre 1922 il primicerio Scialla così scriveva a Merola:
«Non senza vivo dispiacere vi devo notificare che, avendo por­tato a conoscenza del Capitolo il programma della festa del Santissimo Crocefisso da voi inviatoci per la debita approvazione ec­clesiastica, il Capitolo, sempre fermo a garantire i diritti del­la Chiesa, non ha creduto trasmettere il detto programma al­l'arcivescovo, perchè proveniente da una commissione non ca­nonicamente costituita ed approvata». (162)
Ma intanto il tempo stringeva e si avvicinava sempre più la seconda set­timana di settembre: e nessuno aveva l'intenzione di condurre la pole­mica fino al punto di far «saltare» la festa di quell'anno.
Si giunse pertanto ad un compromesso tra le parti, reso ufficiale da un atto pubblico sottoscritto il 10 settembre del 1922 sul Comune tra il sindaco Merola (unitamente agli altri due componenti laici della commissione, i signori Antonio Magno fu Pasquale e Salvatore Pentecoste fu Pasquale) e il primicerio Giuseppe Scialla. Quali testi apposero la loro firma l'avv. Guido Novelli, allora segretario comunale, e i signori Arcan­gelo Madonna fu Pasquale e Tranquillino Santoro fu Giuseppe.
Questi i punti principali dell'accordo:
— il sindaco riconobbe la natura religiosa della festa patronale;
— venne esteso il periodo di durata in carica della commissione di quel­l'anno fino all'estinzione del debito contratto in occasione della festa dell'anno precedente e ammontante a lire 27.190,60;
— la nomina del cassiere venne riservata al Capitolo;
— Come garanti dell'estinzione del debito predetto vennero indicati lo stesso sindaco e i signori Antonio Magno, Ferdinando Spanò, Arcan­gelo Madonna, Giuseppe Sparaco, Emilio Laviscio e Cesare Moret­ta. (163)
Così si concluse la lunga vicenda che pose per la prima volta sul tappeto i limiti delle reciproche competenze tra le due autorità, agitando una questione che ancora successivamente — dopo la parentesi del ven­tennio — troverà nuovi motivi di polemica che tuttora, sia pure con linee più sfumate e contorni meno astiosi, talvolta compare.
Ma ritorniamo adesso al nostro compito più precipuo, che è quello di riannodare le fila di questa singolare devozione dei marcianisani.
Fissato dunque nel 1837 l'impegno della annuale festività, questa si è tradizionalmente rinnovata, rispettando la cadenza annuale, fino ai nostri giorni con poche interruzioni. (164)
Di questi appuntamenti tradizionali sono rimaste nel ricordo popo­lare alcune date significative: quella del 1906, quando nel secondo cen­tenario dell'acquisto della prodigiosa statua, a spese dei marcianisani venne fatta fondere una corona d'argento che è quella che tuttora si può vedere sulla testa del Cristo.
La festa di quell'anno fu particolarmente sentita anche, in relazione alle paure suscitate nella popolazione dall'eruzione del Vesuvio che dal 12 al 18 aprile dì quell'anno portò su Marcianise una pioggia di cenere dovuta appunto al fenomeno vulcanico. Così descrive l'episodio don Raffaele Iodice nel suo opuscolo «Marcianise e il Santissimo Crocefisso»:
«La sera di detto giorno la pioggia di cenere crebbe d'intensi­tà; s'aggiunse un vento così forte che, spazzandola dai tetti .e sollevandola dalle strade, faceva un turbinio spaventevole. Parevano sconvolti e cielo e terra; porte e finestre malferme furono sbattute, alcune atterrate; sinistri bagliori accesero l'a­ria per qualche istante, e il cozzo dei venti furiosi mandava un fischio così cupo, che sembrava il finimondo. Grida assor­danti si levarono al cielo; si fece per le vie gran folla, che si riversò nella Chiesa parrocchiale, aperta con violenza; tra le grida e le lacrime di tutti fu deposta dalla nicchia la immagi­ne del Crocefisso e collocata sopra un trono improvvisato, in­torno a cui ardevano ceri a centinaia.
Si stenterebbe a crederlo, se non fossimo stati testimoni ocu­lari: cessò tutto all'istante, e quando si tornò a casa, quel cie­lo che prima minacciava lo sterminio, era abbellito da qual­che stella che qua e là luccicava». (165)
Di particolare solennità furono inoltre i festeggiamenti del 1937, in occasione del centenario dell'istituzione della festa: alla processione di quell'anno presenziò il Cardinale di Napoli Alessio Ascalesi, insieme ai Vescovi delle diocesi campane; e quelli del 1951 quando venne donata al Crocefisso una corona d'oro benedetta dall'Arcivescovo di Capua mons. Salvatore Baccarini. (166)
Intanto più interventi finanziati per lo più da famiglia di possiden­ti di Marcianise dovevano condurre la cappella allo stato attuale.
Nel 1941 si registrarono i primi lavori di decorazione finanziati dal dott. Alberto Grauso che vi spese lire 8.00, mentre lire 20.000 furono spese dalla famiglia Viciglione. (167)
Nel 1946 infine altri finanziamenti dovuti alla munificenza di Ber­nardo Messore consentirono la definitiva attuale sistemazione del tem­pietto.

NOTE
138) Li enumero sinteticamente. Nella navata di sinistra c'erano alla fine del '700: la statuetta del Cristo legato alla colonna, l'altare della Consolazione, l'altare del Cri­sto morto, l'altare delle Piaghe.
139) Gaetano Andrisani: Valore di una tradizione. Il Crocefisso dei Marcianisani. Na­poli, 1953.
140) Cfr. Andrisani G.: o. c. pag. 15-16.
141) Cfr. Archivio Capitolare. Fascicolo Atti e Privilegi.
Ne riporto degli stralci : «In nomine Domini Jesu Christi. Amen. Anno a Circonci­sione eiusdem millesimo septingentesimo sexto. Pontificatus Clementis Divina Providentia PP. XI. Anno eius sexto feliciter. Ann. Die vero vigesima secunda mensi Maij. XIV Indictione. Neapoli. Ad requisitionem nobis Leg. Gaetano con­vocasse Rev. D. Canonici Jacobi Gaglione personaliter accessimus hanc Venerabi­lem Ecclesiam Conservatoris Puerorum Jesu Christi et dum ibidem essemus inve­nimus grandem crucem et statuam Domini nostri Jesu Christi mortui, operam Jacobi Colombo quem Ill.mus et Rev.mus D. Xaverius Cuomo Can. Cathedralis Ecclesiae Neapolitanae benedixit ....»
142) Platea Capitolare, pag. 38.
143) Archivio Capitolare. Platea, pag. 38.
144) Questo il testo della deliberazione del 27 agosto 1779 :
«Si è proposto che dell'elemosina fatta per il Santissimo Crocefisso se ne faccia un Cano­nico Depositarlo come in effetto a viva voce si è fatto il Canonico Teologo Novel­la e perciò li sono stati consegnati dal sig. Canonico Musone in nostra presenza docati ottantasei in monete d'oro e d'argento, prezzo delle tomola 45 e misurini 7 di grano venduti a carlini 19 il tomolo : quale denaro esso espressato can. No­vella ha ricevuto come depositarlo per esibirlo a richiesta di questo Rev.mo Capi­tolo per farne un altare di marmo o altro necessario a detta Cappella del Santissimo Crocefisso; quale Cappella trovasi molto deteriorata dell'altare».
(Libro delle Conclusioni 1774-1825. 27 agosto 1779. pag. 27).
E nell'altra deliberazione del 27 ottobre 1780 è detto :
«Si è proposto come dei docati ottantasei depositati col consenso del Capitolo in potere del Can. Novella pervenuti dall'offerta dei fedeli fatta al Santissimo Crocefisso per farne un altare di marmo, se n'erano spesi docati trentatre e carlini quattro per la festa dello stesso Crocefisso a 16 giugno 1779 e perciò erano rimasti doca­ti cinquantadue e grana sessantasei in mano al detto Can. Novella, il quale, col consenso del Capitolo l'ha consegnati in mano del Procuratore Can.co Marcanto­nio Sabalone per darli al maestro marmaro che deve fare il detto altare di mar­mo».
(Libro delle Conclusioni (1774-1825). 27 ottobre 1780 pag. 34).
145) Ben più, quindi, dei «ducati cinquantadue e grana sessantasei», stabiliti nel 1779.
146) Archivio Capitolare. Platea, pag. 38 (passim).
147) Per queste vicende, cfr. Andrisani G.: o. c., pagg. 26-38.
148) «Oggi 17 novembre 1837. Sulla domanda fatta al nostro Eminentissimo Arcive­scovo di Capua dal sig. Sindaco di questo Comune di Marcianise a nome di tutta questa intera popolazione, di vedere cioè celebrare ogni anno nel dì di 25 luglio previo ecclesiastico digiuno una festività di doppio precetto in onore del SS. Cro­cefisso che si adora in una delle Cappelle della Collegiata di Marcianise stesso, avendo il nostro Rev. Sig. Cantore D. Pietro Lillo convocato questo Rev. Capitolo sotto il titolo di San Michele Arcangelo ed avendo, giusta un officio in data 16 ot­tobre pervenuto dalla Curia Arcivescovile di Capua, inteso il parere dei Sig. Ca­nonici, essi hanno tutti a pieno consenso risposto affermativamente. Così si è conchiuso. Seguono le firme : Pietro Cantore Lillo, Tommaso can. Santoro, Do­menico can. Trucco, Domenico can. Scognamiglio, Nicola can. teol. Lillo, Luigi can. Musone, Benedetto can. Petruoli, Giovanni can. Della Valle».
(Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1825-1855) - 17 novembre 1837. Pag. 96).
149) Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1856-1887). 25 settembre 1857. Con­clusione 19..
150) In occasione infatti della nomina del nuovo economo del Crocefisso nella persona del canonico Giovanni Novelli, il vecchio economo, can. Alessandro Tartaglione, gli consegna in custodia vari oggetti facenti parte dell'arredo del tempietto : «Gli oggetti in parola sono una lampada d'argento alla gotica del peso di once venti­cinque, ed un core con sette spadelle e il diadema anche d'argento del peso di due once, n. 282.
Sull'altare vi sono gli alteristici di ottone in buono stato, cioè candelieri sei grandi sul primo gradino ; candelieri quattro più piccoli sul secondo gradino e sulla mensa vi sono candelieri quattro più piccoli con tre carte di gloria di ottone fuso ; la croce è anche di ottone fuso».
(Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1825-1855) - 8 febbraio 1846 - pag. 155).
151) Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1856-1887) - 17 gennaio 1858. Con­clusione 21a.
152) La navata di destra, così detta dalla cappella della Madonna del Monte.
153) Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1856-1887) - 17 dicembre 1857.
154) Nel 1920 la commissione era composta dai canonici Salvatore Alberico, Salvatore
Tartaglione e Paolo Mezzacapo ; e come laici dai signori Girolamo Viciglione e Bernardo Messore.
(Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1917-1924) - 12 gennaio 1920 -Conclusione III).
155) Il testo della lettera di nomina ci è stato conservato. Lo trascrivo : «Municipio di Marcianise - 3 luglio 1921
Rev. Sac. Scialla primicerio Giuseppe
CITTÀ
Mi è grato partecipare alla S.V. che, giusta incarico ricevuto dal Consiglio Co­munale La ho nominata componente la Commissione per la Festa in onore del Santissimo Crocefisso che avrà luogo in questo Comune nel prossimo autunno.
Sicuro che Ella vorrà accettare tale nomina, confido nella solerzia ed attività di V.S. per la buona riuscita della Festa suddetta.
Con ringraziamenti ed ossequi
IL SINDACO
fto Saverio Merola»
(Archivio Capitolare. Libro delle Conclusione (1917-1924) - 7 luglio 1921 - pag. 124 sgg.)
156) Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1917-1924) - 7 luglio 1921 - pag. 124 sgg.
157) Questo il testo della lettera :
«Ill.mo Sig. Primicerio Scialla Giuseppe
CITTÀ
In esito alla nota del 12 c. m. di V.S. mi pregio comunicarle che questa Ammini­strazione comunale, nel deliberare riguardo all'oggetto controindicato, non ebbe altro motivo che quello di avocare a sè la tradizione di una festa sentita da tutto il paese, dichiarandola, per maggior splendore, «festa patronale».
Nessuna ingerenza perciò per affari ecclesiastici, pel disbrigo dei quali sarà di certo la S.V.
D'altra parte questa Amministrazione non s'interesserà d'altro che di rendere più solenne la festa stessa.
Con ossequi.
IL SINDACO
fto Merola»
(Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1917-1924) - 4 agosto 1921 - pag. 128).
158) Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1917:'1924) - 4 agosto 1921 - pag. 129.
159) Questo il testo integrale dell'esposto :
«Ill.mo Sig. Prefetto di Caserta
Una delle maggiori feste ecclesiastiche dopo quella del Santo Patrono che si celebra in questa città è quella che si solennizza in onore del Santissimo Crocefisso tra la 2a e la 3a settimana di settembre. Orbene l'attuale Amministrazione Comuna­le, malgrado nostre ripetute diffide e proteste ha voluto l'anno scorso indebita-- mente ingerirsi in tale festa, snaturandone il carattere prevalentemente religioso, per farla degenerare in chiassose e dispendiose luminarie, gare pirotecniche e al­tri pubblici spettacoli. Si sperperò in simili pagane manifestazioni l'enorme som­ma di lire 80.000 che l'Amministrazione Comunale raccolse nella cittadinanza anche col mezzo coattivo e vessatorio di transitori balzelli sui generi di prima necessità.
Quest'anno il Capitolo della Chiesa Collegiale di San Michele Arcangelo, nella quale si venera il Santissimo Crocefisso è venuto nella determinazione di avere, secondo le leggi canoniche e quelle civili, l'iniziativa esclusiva dei festeggiamenti in ono­re della Sacra Immagine. Tutto ciò in conformità anche d'importanti pronuncia­ti coi quali il Consiglio di Stato e la Corte' di Appello di Napoli hanno Confer­mato il principio che gli Enti Autarchici Territoriali (Comune e Provincia) non avendo attribuzioni di natura ecclesiastica, non possono ingerirsi in tutto quanto si riferisca a feste religiose.
Pertanto dovendo questo Capitolo, col mezzo d'una apposita Commissione, appro­vata dal Vescovo Ordinario, procedere alla raccolta dei necessari mezzi, si rivol­ge alla S.V. affinché a norma e per gli effetti dell'art. 84 della legge di P. S. ed 82 del relativo regolamento gli sia rilasciato dall'autorità competente il re­lativo permesso ed a tal uopo indica i componenti della Commissione raccoglitri­ce della questua nelle persone di : 1) Can. Alberico Salvatore, 2) Can. Scaldarel­la Domenico, 3) Can. Mezzacapo Paolo, 4) Cav. Viciglione Girolamo (cassiere),
5) Foglia Salvatore fu Ercole, 6) Colino Marco.
Infine potendo questo Sig. Sindaco, al fine di ostacolare la Sacra Iniziativa, ne­gare il permesso per la processione che avrà luogo nei giorni da stabilirsi, questo Capitolo, fin da ora, si riserva di dare l'avviso di cui all'art. 7 della menzionata legge di P.S. anche alla S.V. Ill.ma con l'espressa preghiera che in quei giorni, allo scopo di ovviare a possibili perturbamenti dell'ordine pubblico, la tutela del­lo stesso sia affidata, anzichè al predetto Sindaco, ad un funzionario di P.S.
Con profonda stima.
L'ARCIPRETE fto Giuseppe Scialla
Marcianise 28 maggio 1922».
(Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1917-1924) - 28 maggio 1922 - pag. 176 sgg.).
160) «Si arrivò a tal segno da non pagare finanche il Capitolo pel servizio prestato nella propria Chiesa, e ad una nota di spesa del Capitolo, si permise fare il ta­glio di ben mille lire, adducendo il futile pretesto che i Canonici erano obbligati a servire la Chiesa gratis e che le finanze non lo permettevano, mentre avevano sciupato ben lire ottantamila in chiassose luminarie e gare pirotecniche. Non si volle mantenere la promessa della percentuale su tutto l'incasso in conformità al decreto della Curia da spendersi per la fabbrica della Chiesa. Si convenne che sarebbero state date solo lire duemila ; ma che neppure un soldo e con aria di sprezzante dileggio dissero che i preti erano tenuti ad abbellire la chiesa». (Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1917-1924) - 15 luglio 1922 - pag. 185).
161) ivi.
162) Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1917-1924) - 5 settembre 1922 -pag. 197.
163) Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1917-1924) - 10 settembre 1922 -pag. 198 sgg.
164) Non si diede luogo ai festeggiamenti nel 1944, a causa della guerra e nel 1974 per il colera imperversante a Napoli, quando per motivi igienici vennero proibiti gli assembramenti.
165) Iodice Raffaele : Marcianise e il Santissimo Crocefisso. Napoli. 1906 ; in Andrisani G.: Valore di una tradizione, ecc., o. c., pag. 37.
166) Per queste notizie, cfr. Andrisani G.: Valore di una tradizione, ecc, o. c, pag. 39 sgg.
167) «Il dott. Alberto Grauso coi fondi della cassa del Santissimo Crocefisso (circa lire 8.000) vorrebbe rendere più bella la cappella del Santissimo Crocefisso, facendola degnamente decorare». Nella stessa adunanza inoltre il cantore Francesco De Crescenzo infor­mò il capitolo che «il cav. Viciglione Tommaso e suo fratello Vincenzo più volte hanno asserito che essi debbono spendere lire 20 mila nella stessa cappella per eseguire la volontà del loro defunto genitore. Si propone pertanto di mettersi d'accordo circa tale decorazione, facendo chi una cosa, per esempio la rivestitura di marmi pregiati alle pareti, e chi un'altra, per esempio il lucernario ed i lavori di pittura».
(Archivio Capitolare. Libro delle Conclusioni (1938-1945) - 12 maggio 1941 Adunanza VIII).


Da Salvatore Delli Paoli, Il duomo di Marcianise, Napoli 1982, pp. 69-83 Capitolo IV Il culto del SS. Crocifisso.
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